Concludiamo la parte dedicata al razionalismo comasco con un altro esempio riconosciuto; è il Novocomum, grande complesso residenziale reso celebre dalle sue prosperose geometrie (è conosciuto anche come 'transatlantico') e dalla frattura che suscitò in seno alla comunità architettonica dell'epoca, non ancora integralmente disposta (in Italia più che mai) ad accettare il nascente canone modernista.
Il progetto, ancora una volta, è opera di Giuseppe Terragni, qui alle prese con la sua prima commissione ufficiale. In verità, la progettazione venne inizialmente affidata al fratello Attilio, incaricato di realizzare un nuovo blocco di residenze in completamento del già esistente edificio ancora visibile su viale Rosselli; Giuseppe, che subentrò al fratello, presentò alla commissione una proposta assolutamente in linea con gli standard dell'architettura civile del periodo (siamo nel 1927), ancora fortemente ancorata all'eclettismo di fine Ottocento, per poi stravolgerne clamorosamente gli intenti in fase esecutiva.
La portata del risultato, a distanza di ottantaquattro anni, è visibilissima. Quel che avviene nel Novocomum è infatti una sorta di modulazione di frequenza, dove l'onda portante, costituita dal volume pieno, nudo nella sua plasticità, subisce variazioni notevoli nel ritmo, svuotandosi, irrigidendosi, dispiegandosi in punti ben precisi. Sul fronte di via Sinigaglia, regolato da un banalissimo partito di semplici aperture (spoglie; la qualità dei serramenti, probabilmente non originali, non è nemmeno così interessante), il minimo sbalzo del secondo piano fuori terra è sufficiente causa scatenante di una complessa reazione a catena: questa fascia in emersione, infatti, svolta negli angoli mantenendo un profilo curvo, allargando poi la propria superficie per fondersi idealmente con le facciate laterali. Il quarto e quinto piano fuori terra sono segnati invece dalla sottile soletta dei balconi, dei quali soltanto il penultimo riprende il profilo curvo nell'angolo; la cima è infatti destinata alla chiusura della composizione, affidata ad un magistrale coronamento ortogonale che bilancia perfettamente l'andamento curvo dominante dell'angolo.
E' proprio negli angoli che la mera modulazione (non modellazione) della forma assurge al rango di architettura; il secondo e quinto piano, la curva e il vertice, cingono in perfetta armonia un elemento cilindrico (semi cilindrico) che è sistema dentro il sistema (non a caso presenta una finitura e una colorazione differente). Non si tratta di un pieno-vuoto a fini chiaroscurali. Tutto l'insieme si definisce e si blocca nei due sistemi angolari in una logica ferrea che, pur lavorando su piani differenti, non manca di fluidificarne i caratteri.
E' interessante notare come Terragni, esponente di punta del MIAR, abbia avuto nelle curve e nelle logiche modulate del Novocomum il suo punto di partenza all'interno di un percorso che lo ha condotto poi ad elaborazioni come quelle della Casa del Fascio o dell'asilo 'Sant'Elia'. In un certo senso, credo che la forza di questa sua opera prima risieda, in buona misura, nella sua carica innovativa, avanguardista in senso letterale; nei lavori della maturità l'architetto si concentra infatti sull'esplorazione di un solo sistema, procedendo in senso più classico, lavorando su dinamiche non combinatorie ma decisamente più speculative, arrivando a coniugare esclusivamente pensiero e materia. Il che è prodigioso.
S
Nessun commento:
Posta un commento