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8.8.11

Torino, via Ventimiglia 194

Il primo incontro con questo palazzone l'ho avuto qualche sera fa, finito il turno di lavoro. In realtà eravamo inizialmente interessati ad esplorare le attuali condizioni notturne dell'area 'Italia 61' e del Palazzo del Lavoro (prossimo, ahimè, ad una tristissima conversione in centro commerciale; qui per maggiori informazioni), ma il nostro solito vagare ci ha portato di fronte a quest'enorme blocco residenziale.
La poca illuminazione non ha consentito un'osservazione pregnante; siamo dunque tornati venerdì.

Innanzitutto, l'impatto ambientale. In un contesto costellato di edifici più o meno riusciti, subito salta all'occhio. E' impossibile non vederlo, né tantomeno ignorarlo; con la sua convessità (insolita in via Ventimiglia) e la sua facciata assolutamente libera da balconi e terrazze (cosa ancora più insolita in via Ventimiglia) appare distaccato e silenzioso, un po' sulle sue, ma mai troppo freddo. La vitalità dei materiali e della composizione è infatti dirompente; in facciata, un regolare impaginato è arricchito da uno splendido disegno nelle aperture, in cui il parapetto massivo piega ad angolo retto verso l'alto, lasciando intravedere lo spazio delle logge o una superficie vetrata, sostenuta da un telaio ligneo che dialoga perfettamente con il resto. 

La nostra curiosità è parsa sospettosa agli occhi della custode che, dopo essersi accertata delle buone intenzioni dei vostri affezionatissimi, ci ha permesso di vagare (quasi) liberamente per il piano terra; qui la matericità dell'insieme raggiunge il suo acme: rivestimenti in legno sui tamponamenti opachi, pavimentazioni e gradini in pietra, maioliche dipinte che, come tessere di un mosaico, vanno a disporsi lungo la superficie obliqua distesa tra il piano stradale e la quota di accesso ai vani scala (un bellissimo 'effetto trincea' coronato da un'insolita balaustra metallica dai motivi curvilinei e floreali). La parte del leone spetta però ai portali di calcestruzzo, grandi pilastrature rivestite con materiale lapideo che a prima vista avevamo bollato come prefabbricato, una di quelle lastre spesso utilizzate nell'architettura residenziale degli anni Sessanta; e invece no.

Con disinvoltura, la custode (dopo averci raccontato del suo fallito tentativo di trasformare parte degli ampi spazi del piano terra in zona gioco per bambini, con tanto di sediole, tavolini e cucine-giocattolo) afferma infatti che il rivestimento del calcestruzzo è frutto di sano e onesto lavoro artigianale pietra-dopo-pietra ("Di là ho ancora un sacchetto pieno di questi sassolini" proclama raggiante). Osservando con attenzione, si capisce presto che non mente: un sottilissimo strato di malta sostiene infatti un caleidoscopio di pietre lisce colorate che, incastonate, rendono la composizione un piccolo capolavoro di perizia tecnica. 

Se non fosse per le ridondanti piantumazioni in stile pseudo-tropicale presenti oltre la cancellata, l'eleganza del palazzone di via Ventimiglia sarebbe davvero impeccabile, raffinata in ogni aspetto. Peccato non essere potuti entrare all'interno, a toccare con mano la consistenza degli spazi e della progettazione; rimane il dubbio di essersi persi la portata principale dopo un elaboratissimo antipasto. Ma anche quello di una non escludibile delusione. Tanto per fare i pessimisti.

S

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