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24.8.11

Palazzo RAI_ Torino, via Cernaia 33

Nel punto in cui via Cernaia sfocia nell'ampio slargo di piazza XVIII Dicembre (quella di Porta Susa), questo storico grattacielo segna il territorio in maniera perentoria, diventando una sorta di palo totemico, catalizzatore di sguardi anche meglio della vicina stazione (al momento, è in realizzazione il grande guscio vetrato della Nuova Porta Susa; non sappiamo se le cose sono destinate a mutare in futuro sotto questo aspetto). Pensato nella prima metà degli anni Sessanta per ospitare il centro direzionale torinese della neonata (leggi rifondata) azienda radiotelevisiva nazionale (che proprio a Torino deve la sua gestazione), il Palazzo RAI è oggi simulacro di una realtà bruscamente mutata, notevolmente ridimensionata, addirittura prossima alla fine.

L'edificio infatti, presenta strutture trattate massicciamente con amianto, oggi bandito, ma gettonatissimo negli anni del boom edilizio in cui, appunto, fu costruito. La Procura della Repubblica è a conoscenza di ciò: nel 1994 un dirigente dell'azienda Beraud (che prese parte al cantiere del Palazzo RAI) fu condannato in quanto responsabile della morte di un operaio, colpito da mesotelioma in seguito alla coibentazione di una parete con asbestospray. Inoltre, negli ultimi anni, sono state raccolte diverse segnalazioni di sospetti casi di tumore; i dipendenti che ancora lavorano in via Cernaia (circa cinquecento) sono da tempo sul piede di guerra e chiedono a gran voce un trasferimento in qualche sede più sicura, ma per il momento nulla sembra muoversi. L'unica cosa certa è che, senza un'adeguata opera di bonifica, il Palazzo RAI rischia la chiusura, cosa peraltro già ventilata dalla sede centrale di Roma, che di una struttura così costosa e problematica, di fatto ormai eccessiva per i compiti che le spettano, non sa più che farsene.

Eppure il valore dell'architettura è notevole. Se evitiamo di considerare i problemi tecnico-sanitari (molti edifici costruiti in quegli anni presentano oggi gli stessi problemi; l'allarme è stato qui amplificato in quanto struttura pubblica), gli espedienti formali e la qualità dell'insieme rivelano una sensibilità moderna sposata magnificamente con una non comune attenzione per l'ambiente e il contesto. Lungi da imporsi come 'scatolone' per uffici, il Palazzo RAI infatti, pur nella sua diversità, dialoga bene (altezza a parte) con i fronti di via Cernaia; il portico a piano terra è in sintonia con quello esistente dal punto di vista dimensionale, contrapponendo ad esso il linguaggio contemporaneo del vetro e dell'acciaio, con ingressi squadrati e tagli netti nella pietra di rivestimento. Le facciate, solcate dai lunghi montanti metallici, sono serratissimi curtain walls nel mezzo della downtown torinese, ma la contrapposizione con il corpo orizzontale su via Cernaia, più basso, genera un incastro in cui il dettaglio tecnologico assume una valenza anche di tipo formale, ovviamente elegantissima (per il resto delle immagini, solito link

All'interno, come già accennato, si accede per mezzo di ingressi vetrati sporgenti e squadrati. Si accede ad uno stretto vestibolo sormontato da particolarissimi apparecchi d'illuminazione (elementi vetrati a finitura frastagliata, disposti a scacchiera), con al centro una vistosa scultura (mi ricorda molto Henry Moore, ma non è lui). Da qui si passa nella hall vera e propria, dove, ahimè, orribili tornelli stile metropolitana ci hanno sbarrato il passo; oltre i varchi, è presente una porta vetrata, secondo noi frutto di aggiunte successive: senza questa barriera, infatti, l'insieme risulterebbe certamente più fluido e coerente.

Trueisgood spera caldamente che il Palazzo RAI venga salvato dal baratro a cui sembra ormai destinato. Per risolvere problemi non sempre infatti è d'obbligo la mano livellatrice, specie se si ha a che fare con un'architettura di questo spessore. Ci piace pensare che dopo un adeguato intervento di ripulitura l'edificio possa tornare ad ospitare attività degne della sua importanza, magari non più strettamente legate alla gestione delle produzioni RAI a Torino e più permeabili ad una fruizione pubblica; qualcosa che ne valorizzasse anche il valore storico e ambientale, se possibile. Mi piacerebbe concludere parafrasando lo slogan 'di tutto, di più' ma mi sembra piuttosto banale e poco trueisgood. Preferisco così. (clicca)

S

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