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26.8.11

Villaggio SNIA Viscosa_ Torino, corso Vercelli 491

Teoricamente, oggi parliamo di un classico dell'architettura torinese, unico esempio rimasto di villaggio operaio in città (se escludiamo il Villaggio Leumann, che si trova a Rivoli). Tuttavia, credo si tratti di un intervento più citato che toccato con mano, una di quelle opere che si conosce per sentito dire ma che pochi, alla fine della fiera, finiscono per andare a vedere di persona. Noi di trueisgood l'abbiamo fatto. Ed eccoci qui.

Costruito nel 1925 per volere di Riccardo Gualino, patron della SNIA (Società di Navigazione Italo Americana, azienda che si dedicò, in seguito, anche al commercio di tessuti sintetici) e industriale illuminato, il Villaggio era pensato per ospitare i dipendenti (non solo operai) della grande fabbrica (oggi scomparsa, sorgeva dove oggi è cresciuto il centro commerciale, sulla destra dell'imbocco autostradale; di autentica, è rimasta solo la torre, visibile dal villaggio) con le relative famiglie. Il risultato, dimensionalmente contenuto rispetto alle intenzioni originarie, è un esempio fenomenale di architettura popolare, non solo per la sua portata storica, ma soprattutto per l'unicità delle sue caratteristiche spaziali e ambientali; il complesso è infatti costituito da edifici a blocco sistemati in maniera ortogonale, rispettando distanze che potrebbero essere in linea con gli standard attuali. Gli spazi liberi, inoltre, sono completamente trattati a verde, conferendo all'insieme un elevato grado di vivibilità; questo è singolare, dato che se da un lato i caratteri ambientali sono straordinari (stiamo parlando di un villaggio operaio degli anni Venti), è pur vero che ci troviamo nella periferia nord della città. Ora, a breve distanza oggi è presente il centro commerciale, ma novant'anni fa il Villaggio SNIA era completamente isolato nel mezzo della campagna torinese: nessuna attività ricettiva, nessun servizio, niente di niente. Il progetto ricevette una buona dose di critiche a causa di ciò.

Eppure le premesse, e la conseguente realizzazione, rivelano ancora oggi una sensibilità non comune per l'epoca. Nella prima metà del Novecento i villaggi e le residenze operaie erano tipologie abbastanza frequenti, frutto di quel 'paternalismo capitalista' d'anteguerra; si trattava nella maggior parte dei casi di residenze basate su sistema a ballatoio, con vani di dimensione discutibile, non sempre opportunamente areati e con presenza contenuta di servizi igienici. Qui il discorso è diverso. Gli edifici, oltre ad essere ben distanziati e calati nel verde, presentano sistemi distributivi scala-pianerottolo, con quattro alloggi per piano, ciascuno dotato di ampie aperture e servizi: uno standard decisamente sopra la media per il periodo e per il target al quale era destinato. Nel complesso era stato previsto anche l'inserimento di una chiesa e di un lavatoio pubblico; di questo è rimasta la struttura coperta, che occupa lo spiazzo centrale. Non esistono più le grandi vasche e il sistema di condutture è oggi disattivato, ma la logica è comunque visibile tutt'oggi.

Abbiamo conversato con un vecchio abitante del Villaggio, estremamente disponibile quanto loquace e curioso; ci ha rivelato che oggi le case sono di proprietà del comune di Torino e gestite dall'ATC (sono diventate case popolari nel senso che intendiamo oggi). La trasformazione ha innescato un afflusso di nuovi residenti, la maggior parte extracomunitari, che poco a poco cominciano a radicarsi, innescando un processo di trasformazione della componente sociale storica dello SNIA. Discutendo tra noi, siamo arrivati alla conclusione che, se esiste un posto a Torino dove è davvero possibile una completa integrazione tra culture differenti, quello è il Villaggio SNIA; qui, infatti, l'uguaglianza dell'abitare regna sovrana, con spazi liberi e pienamente condivisibili, chiusi al traffico veicolare, ideali per bambini e ragazzi che qui, giù in strada, hanno possibilità di incontro e scambio. Questo ci piace. Ci piace pensare che il Villaggio SNIA non sia solo testimonianza del passato industriale della città, ma anche luogo del cambiamento che tutti auspichiamo.

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