Falchera è una borgata ben nota ai torinesi. Non è un quartiere centrale (è confinato al più estremo limite nord della città), non ospita alcuna struttura ricettiva, non è meta per il tempo libero. Eppure tutti la conoscono, hanno un'idea più o meno chiara della sua unicità, e sanno bene che per lungo tempo ha goduto di una brutta reputazione, in quanto luogo di destinazione popolare. Noi di trueisgood abbiamo fatto un salto nel cuore della 'Falchera vecchia' (l'area più a sud) e abbiamo cercato di andare oltre il sentito dire, provando a cogliere davvero i caratteri di questa unicità. Ovviamente, ci ripromettiamo di tornare.
Falchera è frutto di un progetto urbanistico del 1951, coordinato da Giovanni Astengo, padre dell'urbanistica italiana; a lui è oggi intitolata la piazza del mercato, fulcro funzionale e ideologico dell'intero disegno. Innanzitutto gli spazi: l'invaso gode di ampio respiro, con un'edificazione minima e contenuta (lunghe stecche di due piani fuori terra) che lascia da parte i dogmi del razionalismo (il cui eco ancora risuonava nel dopoguerra in cui fu pensata) per una comunicazione più indiretta e simbolica. Il primo elemento lo si ritrova obliquo all'asse di viale Falchera, dove un doppio filare di alti pilastri sottili sostiene una leggerissima soletta di calcestruzzo; si viene dunque a creare una sorta di 'portico sospeso' (conduce all'ingresso della chiesa di S. Pio), leggerissimo sia nei materiali che nei contenuti, ma che tuttavia emerge come elemento emblematico: linea di unione o di cesura?
Sul lato opposto, piazza Astengo è chiusa da un'edificazione più fluida, nonostante l'estrema eterogeneità formale (non materica: laterizio, calcestruzzo e vetrocemento sono padroni incontrastati). Si tratta di un lungo corpo modellato a foggia di parentesi, in cui spiccano almeno due elementi: lo spazio coperto centrale e l'enigmatico dettaglio formale del costruito. Il primo, bellissimo e disarmante allo stesso tempo, alterna una serie di moduli 'a ombrello' in cemento grezzo, così da generare uno spazio libero, piccolo e ribassato, dal quale è possibile accedere ai locali della biblioteca civica. Questa, oltre ad essere un edificio più alto, presenta aperture esagonali del tutto singolari; a dire il vero, tutto è conformato sulla base di questo poligono: la sezione dei pilastri degli ombrelli, alcune discrepanze nella muratura, alcune disposizioni nella pavimentazione. Tutto si sposta su un piano metafisico, in cui il formalismo non è ingiustificato, ma semplicemente risponde più ad esigenze di tipo contenutistico, lasciando per un momento da parte la geometria del logico-razionale.
Al centro della piazza, uno specchio d'acqua ritagliato in modo del tutto arbitrario rafforza queste premesse. I limiti della vasca sono infatti irregolari, con aperture, gradini e rientranze che non si spiegano e non sembrano giustificarsi. Se si aggiunge infine che tutto il disegno della piazza è circondato da un'architettura in linea dai toni vagamente rurali (le aperture, i materiali, le dimensioni ricordano ampi cascinali), ne consegue che 'Falchera vecchia' continua a possedere caratteristiche che la rendono interessante sotto diversi punti di vista.
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